“L’assessore Taglialatela, la Giunta regionale e la maggioranza in
consiglio regionale vadano avanti con decisione e approvino subito il Piano
paesistico da essi portato in Aula. È un bisogno primario del territorio e una
necessità vitale per la città di Castellammare e per l’intera penisola
sorrentina. Vadano avanti, senza curarsi della demagogia e dei ricatti
infondati dei sepolcri imbiancati della sinistra”.
Lo ha
detto il sindaco di Castellammare di Stabia, Luigi Bobbio.
“Il
disegno di legge sulle norme di tutela e valorizzazione del paesaggio in
Campania sta subendo i soliti attacchi demagogici dei «grilli parlanti» che non
conoscono minimamente le reali problematiche urbanistiche e paesaggistiche dei
diversi contesti urbani e non si rendono conto delle conseguenze sulla
percorribilità tecnica e amministrativa dei loro demagogici assunti – ha
aggiunto Bobbio -. La nuova norma regionale in corso di definizione in
Consiglio regionale, dopo quasi trent’anni,
ha il merito di correggere errori e superare le contraddizioni che hanno, in
tutti questi anni, pesantemente
inciso sulla «vita» urbanistica,
ambientale e paesaggistica vigente sul territorio della città di Castellammare
di Stabia e dell’intera Campania. Malgrado i cosiddetti «galassini» del 1985 disegnassero
una ben diversa destinazione del territorio comunale di Castellammare di Stabia,
contrariamente alle indicazioni del Ministero dei Beni culturali, il P.U.T
dell’area sorrentino-amalfitana, approvato con legge regionale del 27 giugno
1987 n° 35, ha inglobato tutto il territorio comunale di Castellammare di
Stabia. Nel caso di Castellammare e più in generale di tutta la regione,
l’approvazione nel 1987 del P.U.T., con i suoi errori e le sue imprecisioni,
rappresenta quindi un chiaro esempio dello scellerato metodo di produzione di leggi urbanistiche regionali.
Leggi dettate da contingenti sollecitazioni demagogiche trascurando le analisi serie e corrette delle realtà
ambientali e paesaggistiche dei territori interessati. Perseverando in questa logica, il P.U.T. è divenuto un «totem» della religione ambientalista e
qualsiasi osservazione sulla validità tecnica dello strumento urbanistico è
sempre stata tacciata come intervento degli speculatori e cementificatori. Ma
la vicenda, per quanto riguarda Castellammare, la Penisola Sorrentina e
l’intera regione, si fece ancor più complessa e mostrò tutta la demagogia e la
furbizia ideologicamente orientata della sinistra allora al governo quando essa
mise mano al PTR. In particolare, la città di Castellammare nei primi anni
novanta era stata dichiarata area di crisi industriale e sulla base di questa
definizione era stato stipulato il Contratto d’area torrese-stabiese che, per
la nostra area, prevedeva un’ampia e diffusa riconversione degli immobili
industriali in attività di carattere terziario produttivo con prevalenza
turistica e commerciale. Questa impostazione tesa allo sviluppo economico e
sociale sembrò trovare ascolto nel PTR, Piano Territoriale Regionale, approvato
con legge regionale nel 2008, che sembrò fornire le necessarie indicazioni di
carattere urbanistico per la realizzazione delle aspettative di sviluppo. Ma
qui stavano l’inganno e la polpetta avvelenata di un centrosinistra fedele al
proprio originario disegno politico-clientelare teso a mantenere un intero
territorio nelle condizioni di precarietà e di illegalità diffusa che ne
consentivano il ferreo controllo da parte del sistema amministrativo
territoriale in gran parte dominato dal centrosinistra. Infatti, il P.T.R. del
2008 inserì gran parte del territorio di Castellammare di Stabia nel Sistema Territoriale di Sviluppo
(S.T.S.), che prevedeva la riqualificazione delle industrie dismesse in senso
terziario produttivo a prevalente carattere turistico. Lo stesso Sts era stato definito
in perfetto accordo con il Ministero dei Beni Ambientali e Culturali. L’inganno
fu però subito evidente, perché mentre l’Sts sembrava andare in una direzione
evolutiva, il Put sulla città di Castellammare di Stabia, in nulla modificato
dal PTR e assolutamente non coordinato con esso, ha continuato e continua a non
consentire la realizzazione di nuovi insediamenti di terziario produttivo a
prevalente carattere turistico-commerciale. Per questa ragione, è ancora oggi
impossibile realizzare le finalità previste nel S.T.S”.
“La
sinistra ha così compiuto all’epoca il suo ennesimo «capolavoro» teso a creare
una contraddizione insanabile tra le leggi regionali del P.U.T. e del P.T.R.
con la conseguenza della totale inapplicabilità del PTR che si rivelò un tristissimo
e misero specchietto per le allodole. Uno dei soliti «giochetti» della sinistra
bassoliniana e non: si fece una norma (quella del 2008) apparentemente «evoluta»
ben sapendo che, a causa di un grave e consapevolmente preordinato difetto di
coordinamento con il Put, la stessa sarebbe rimasta inapplicata. Del resto, chi
oggi a tutti i livelli si solleva con alte grida e solenni allarmi contro il
nuovo piano paesistico firmato Taglialatela, lo fa sapendo di stare continuando
a difendere l’indifendibile. Un importante quotidiano napoletano, sempre
abituato a fare corretta informazione, credendo di illustrare visivamente la
gravità degli allarmi lanciati da questi sepolcri imbiancati e, quindi, la
fondatezza del pericolo di cementificazione selvaggia, ha pubblicato qualche
giorno fa una affianco all’altra due foto della città di Vico Equense, una del
1983 e l’altra dei giorni nostri. La differenza tra le due è inquietante,
perché effettivamente nella prima si vede quello che il Poeta definirebbe, a
ragione, un «ubere convalle», e nella seconda si vede come è stato ridotto il
bucolico paesaggio dal 1983 ad oggi. Peccato che tra le due foto, non ci sia
stato certamente il vuoto normativo ma, per l’appunto, con la caratteristiche
appena descritte, sono stati prodotti il PUT e un PTR la cui finalità, a
sentire la sinistra, allora come oggi dovrebbe servire o doveva servire a
evitare il cambio di fotografie. Quindi, la valutazione che ne consegue è di
tutta evidenza: in primo luogo, il PUT non è servito proprio a niente (e ciò è
accaduto sia per l’obiettiva inutilità della legge sia per la dolosa mancata
applicazione della stessa da parte delle Amministrazioni per lo più di
sinistra); in secondo luogo chi oggi si scaglia contro il nuovo piano
paesistico lanciando allarmi sul pericolo cementificazione farebbe meglio a
tranquillizzarsi. La cementificazione, infatti, c’è già stata e se questi
filosofi di sinistra non se ne fossero accorti, si è consumata sotto la vigenza
delle loro leggi e sotto la loro gestione del territorio. Presidente Caldoro,
assessore Taglialatela, consiglieri di maggioranza, a nome di tutti i cittadini
campani vi chiedo: approvate questa legge, approvatela subito, approvatela così
com’è”.
Ps:
vigente il suo Put, ho da tanto tempo voglia di chiedere all’ex assessore
regionale Cozzolino: “Ma ’sta storia del «mostro» di Alimuri com’è potuta
succedere?”
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