sabato 22 settembre 2012

Piano paesistico, Bobbio: la cementificazione? Grazie alle leggi della sinistra “Bisogna approvare testo, nuova legge toglie ingessatura a Castellammare”

“L’assessore Taglialatela, la Giunta regionale e la maggioranza in consiglio regionale vadano avanti con decisione e approvino subito il Piano paesistico da essi portato in Aula. È un bisogno primario del territorio e una necessità vitale per la città di Castellammare e per l’intera penisola sorrentina. Vadano avanti, senza curarsi della demagogia e dei ricatti infondati dei sepolcri imbiancati della sinistra”.
Lo ha detto il sindaco di Castellammare di Stabia, Luigi Bobbio.
“Il disegno di legge sulle norme di tutela e valorizzazione del paesaggio in Campania sta subendo i soliti attacchi demagogici dei «grilli parlanti» che non conoscono minimamente le reali problematiche urbanistiche e paesaggistiche dei diversi contesti urbani e non si rendono conto delle conseguenze sulla percorribilità tecnica e amministrativa dei loro demagogici assunti – ha aggiunto Bobbio -. La nuova norma regionale in corso di definizione in Consiglio regionale,  dopo quasi trent’anni, ha il merito di correggere errori e superare le contraddizioni che hanno, in tutti questi anni,  pesantemente inciso  sulla «vita» urbanistica, ambientale e paesaggistica vigente sul territorio della città di Castellammare di Stabia e dell’intera Campania. Malgrado i cosiddetti «galassini» del 1985 disegnassero una ben diversa destinazione del territorio comunale di Castellammare di Stabia, contrariamente alle indicazioni del Ministero dei Beni culturali, il P.U.T dell’area sorrentino-amalfitana, approvato con legge regionale del 27 giugno 1987 n° 35, ha inglobato tutto il territorio comunale di Castellammare di Stabia. Nel caso di Castellammare e più in generale di tutta la regione, l’approvazione nel 1987 del P.U.T., con i suoi errori e le sue imprecisioni, rappresenta quindi un chiaro esempio dello scellerato metodo di  produzione di leggi urbanistiche regionali. Leggi dettate da contingenti sollecitazioni demagogiche trascurando le  analisi serie e corrette delle realtà ambientali e paesaggistiche dei territori interessati. Perseverando in  questa logica, il P.U.T. è divenuto  un «totem» della religione ambientalista e qualsiasi osservazione sulla validità tecnica dello strumento urbanistico è sempre stata tacciata come intervento degli speculatori e cementificatori. Ma la vicenda, per quanto riguarda Castellammare, la Penisola Sorrentina e l’intera regione, si fece ancor più complessa e mostrò tutta la demagogia e la furbizia ideologicamente orientata della sinistra allora al governo quando essa mise mano al PTR. In particolare, la città di Castellammare nei primi anni novanta era stata dichiarata area di crisi industriale e sulla base di questa definizione era stato stipulato il Contratto d’area torrese-stabiese che, per la nostra area, prevedeva un’ampia e diffusa riconversione degli immobili industriali in attività di carattere terziario produttivo con prevalenza turistica e commerciale. Questa impostazione tesa allo sviluppo economico e sociale sembrò trovare ascolto nel PTR, Piano Territoriale Regionale, approvato con legge regionale nel 2008, che sembrò fornire le necessarie indicazioni di carattere urbanistico per la realizzazione delle aspettative di sviluppo. Ma qui stavano l’inganno e la polpetta avvelenata di un centrosinistra fedele al proprio originario disegno politico-clientelare teso a mantenere un intero territorio nelle condizioni di precarietà e di illegalità diffusa che ne consentivano il ferreo controllo da parte del sistema amministrativo territoriale in gran parte dominato dal centrosinistra. Infatti, il P.T.R. del 2008 inserì gran parte del territorio di Castellammare di Stabia  nel Sistema Territoriale di Sviluppo (S.T.S.), che prevedeva la riqualificazione delle industrie dismesse in senso terziario produttivo a prevalente carattere turistico. Lo stesso Sts era stato definito in perfetto accordo con il Ministero dei Beni Ambientali e Culturali. L’inganno fu però subito evidente, perché mentre l’Sts sembrava andare in una direzione evolutiva, il Put sulla città di Castellammare di Stabia, in nulla modificato dal PTR e assolutamente non coordinato con esso, ha continuato e continua a non consentire la realizzazione di nuovi insediamenti di terziario produttivo a prevalente carattere turistico-commerciale. Per questa ragione, è ancora oggi impossibile realizzare le finalità previste nel S.T.S”.
“La sinistra ha così compiuto all’epoca il suo ennesimo «capolavoro» teso a creare una contraddizione insanabile tra le leggi regionali del P.U.T. e del P.T.R. con la conseguenza della totale inapplicabilità del PTR che si rivelò un tristissimo e misero specchietto per le allodole. Uno dei soliti «giochetti» della sinistra bassoliniana e non: si fece una norma (quella del 2008) apparentemente «evoluta» ben sapendo che, a causa di un grave e consapevolmente preordinato difetto di coordinamento con il Put, la stessa sarebbe rimasta inapplicata. Del resto, chi oggi a tutti i livelli si solleva con alte grida e solenni allarmi contro il nuovo piano paesistico firmato Taglialatela, lo fa sapendo di stare continuando a difendere l’indifendibile. Un importante quotidiano napoletano, sempre abituato a fare corretta informazione, credendo di illustrare visivamente la gravità degli allarmi lanciati da questi sepolcri imbiancati e, quindi, la fondatezza del pericolo di cementificazione selvaggia, ha pubblicato qualche giorno fa una affianco all’altra due foto della città di Vico Equense, una del 1983 e l’altra dei giorni nostri. La differenza tra le due è inquietante, perché effettivamente nella prima si vede quello che il Poeta definirebbe, a ragione, un «ubere convalle», e nella seconda si vede come è stato ridotto il bucolico paesaggio dal 1983 ad oggi. Peccato che tra le due foto, non ci sia stato certamente il vuoto normativo ma, per l’appunto, con la caratteristiche appena descritte, sono stati prodotti il PUT e un PTR la cui finalità, a sentire la sinistra, allora come oggi dovrebbe servire o doveva servire a evitare il cambio di fotografie. Quindi, la valutazione che ne consegue è di tutta evidenza: in primo luogo, il PUT non è servito proprio a niente (e ciò è accaduto sia per l’obiettiva inutilità della legge sia per la dolosa mancata applicazione della stessa da parte delle Amministrazioni per lo più di sinistra); in secondo luogo chi oggi si scaglia contro il nuovo piano paesistico lanciando allarmi sul pericolo cementificazione farebbe meglio a tranquillizzarsi. La cementificazione, infatti, c’è già stata e se questi filosofi di sinistra non se ne fossero accorti, si è consumata sotto la vigenza delle loro leggi e sotto la loro gestione del territorio. Presidente Caldoro, assessore Taglialatela, consiglieri di maggioranza, a nome di tutti i cittadini campani vi chiedo: approvate questa legge, approvatela subito, approvatela così com’è”.

Ps: vigente il suo Put, ho da tanto tempo voglia di chiedere all’ex assessore regionale Cozzolino: “Ma ’sta storia del «mostro» di Alimuri com’è potuta succedere?”

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