nella foto da sinistra: l'assesore Di Somma |
Circa il primo elemento, occorre ritenere
che il motivo alla base della sospensione del servizio risieda nella eccessiva
onerosità scaturente dal binomio domanda/offerta, ossia viaggiatori/numero di
corse (e mantenimento della rete) che, secondo le dichiarazioni rese dall’assessore
regionale competente, costerebbero circa il 733% in più delle altre tratte (il
biglietto per la tratta costa 1,20 euro contro i 10 necessari per la gestione).
Occorrerebbe, realisticamente, anche
conoscere i valori assoluti delle cifre in campo (si prospettano in circa 2
milioni di euro l’anno) per decidere coscienziosamente se l’impegno possa
considerarsi “socialmente” utile e di conseguenza addossarselo.
In genere però tali considerazioni vengono
poste per tratte particolarmente disagiate o zone isolate che a fronte di una
scarsità di popolazione si pongono di per sé come tratte improduttive ma non
socialmente emarginabili. Ma non è questo il caso di Castellammare di Stabia
che, se pur trovandosi in una condizione ferroviaria statale definibile come un
“cul de sac”, non può dirsi certo isolata trasportisticamente disponendo della
linea regionale Circumvesuviana, veloce e di certo dotata di più fermate, anche
cittadine. Pensare che il collegamento della FS Castellammare – Torre
Annunziata, con tutto quello che comporta in termini di numero di utenti e di
inquinamento, vista la lunga sosta delle autovetture in coda ai passaggi a
livello, nonché le gravi ripercussioni sul traffico cittadino, possa davvero
essere considerato insostituibile, richiede una non facile acrobazia in termini
di bilanciamento costi-benefici.
Ma davvero non è più utile investire e
convogliare risorse nel potenziamento della Circumvesuviana? Peraltro
interessata, da anni, dall’impegno di ingenti finanziamenti per la
realizzazione del raddoppio della tratta. Perché non si attuano i progetti di
riqualificazione delle esistenti stazioni cittadine della Circumvesuviana di
Piazza Unità d’Italia, di Pioppaino, di Ponte Persica e di Terme? Perché non si
realizza la nuova stazione in prossimità del viale Europa ed il sottopasso di via
Nocera? Per non parlare dei parcheggi pubblici previsti, nei medesimi progetti,
in adiacenza alle suddette stazioni? Tutti progetti già dotati delle necessarie
approvazioni e dei relativi fondi. Per essi, quale fine è stato serbato? E
perché, in questo caso, i sostenitori “Verdi”, quelli della stazione a “tutti i
costi”, per intenderci, non dicono nulla? Come, invece, sta facendo, da tempo,
sul tavolo regionale, questa Amministrazione comunale?
Lasciamo ad altri le opportune
considerazioni ed affrontiamo il secondo e più suggestivo aspetto della
storicità della Stazione della FS. È indiscutibile che il valore storico e
culturale della stazione sia da tutelare e rivalorizzare. Ma bisogna pur
ammettere che il vero “abbandono” consiste, proprio, nel mantenere una stazione
a scarsissima utenza e, di conseguenza, gestione. Al contrario, alla sostenuta
ipotesi di dismissione della tratta non corrisponderà l’abbandono della
stazione. Tutt’altro!
La stazione è e resterà il segno di una
connessione dinamica tra la città ed il suo territorio. Non vi è parte del
mondo dove una riconversione di simili manufatti non abbia costituito un
surplus culturale, sociale ed economico tanto in rilancio quanto in
opportunità.
Un esempio per tutti: la gare d’Orsay a
Parigi.
Una stazione costruita agli inizi del ‘900
per poi essere dismessa dopo neppure quarant’anni di attività, che ha vissuto
diverse forme di utilizzo fino all’approdo a splendido museo con costitutiva
prevalenza di opere della “stagione” impressionista francese.
Considerate le opportune differenze in
termini di contesto urbano, ampiezza d’intervento, qualità dell’edificato ed
investimenti coinvolti, non si può negare che la trasformazione non abbia
minimamente nuociuto all’edificio in se che, evocando ancor oggi una stazione e
le sensazioni che essa trasmette, ne recupera per intero valori economici,
funzionali, sociali, culturali ed urbanistici.
L’idea di proporre la stazione della FS di
Castellammare quale foyer (perfettamente ed integralmente restaurato con
recupero e memoria della funzione del passato) di un Teatro Comunale (attesa la
straordinaria tradizione drammaturgica stabiese con Raffaele Viviani, Annibale
Ruccello…) con un mega parcheggio pubblico interrato, ormai divenuto
indispensabile per Castellammare e che potrebbe determinare la istituzione di
una definitiva ed estesa isola pedonale, è un’ipotesi affatto peregrina,
strumentale o (peggio) speculativa.
Altresì, tenuto conto che la linea ferrata,
o meglio l’ampio corridoio che essa impegna, potrebbe essere funzionale, una
volta abbattuti i muri di cinta, alla determinazione, assieme al contiguo Corso
De Gasperi, di un ampio asse viario con lunghi filari di alberature che
accompagnino una doppia pista ciclabile ed una linea tramviaria(ecologica) in
sede aperta e dotata di fermate intermedie sino a Torre Annunziata. Tali elementi
di collegamento, oltre all’uso quotidiano,
potrebbero risultare anche un collegamento alternativo in occasione
degli eventi organizzati all’interno della sala teatrale.
Inoltre disporre di una struttura teatrale,
non intesa in senso tradizionale, ma dimensionata e predisposta per ospitare
una molteplicità di attività, dalle attività congressuali, ai concerti musicali
di ogni genere, alle rappresentazioni ed alle exibition, potrebbe costituire un
attrattore urbano non riscontrabile in ambito regionale e con pochi riscontri
anche su scala nazionale.
Da una rapida riflessione asettica della
realtà socio-economica, della realtà territoriale, se ne ricava, con
immediatezza, la sostenibilità di una tale destinazione, risultando con
evidenza che gli “eventi” di intrattenimento (teatrali, musicali) e
congressuali, sono ampiamente frequentati e richiesti.
Si conserverebbe così l’edificio storico
della stazione e la piazza antistante diverrebbe anch’essa un foyer a cielo
aperto (chiuso per l’occasione) ad un passo da un lungomare ristrutturato e
rivitalizzato nelle sue peculiarità migliori.
Ed è per tali motivi che ogni
trasformazione, quando diviene improcrastinabile e necessaria, va compiuta nel
massimo rispetto delle volontà memoriali che lo hanno realizzato ed usato.
Ed è per tali motivi che, se si vuole che i
nostri figli abitino le dimore che gli abbiamo costruito, ne dobbiamo
consentire la modificazione per il miglior adattamento alle nuove esigenze, nel
rispetto della nostra e della loro storia, pena l’abbandono completo ed
impietoso nell’oblio di qualcosa che non avrà più senso, non ci si potrà
permettere e soprattutto non racconterà più nulla perché sarà rimasto lì senza
più nessuno con la possibilità o la necessità di dialogarci.
Arch. Francesco Di Somma
Assessore all’Urbanistica Comune di
Castellammare di Stabia
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