mercoledì 31 ottobre 2012

Un teatro al posto della stazione, Castellammare imiti Parigi e diventi una città europea Intervento dell’assessore all’Urbanistica Francesco Di Somma: così ne tuteliamo la memoria

nella foto da sinistra: l'assesore Di Somma
L’Amministrazione comunale punta alla dismissione definitiva della tratta ferroviaria Castellammare – Torre Annunziata di competenza di RFI con conseguente chiusura della corrispondente stazione cittadina, per due aspetti di non poca trascurabilità: la sostenibilità economica della tratta ed il valore storico/culturale dell’edificio della stazione “di testa”.
Circa il primo elemento, occorre ritenere che il motivo alla base della sospensione del servizio risieda nella eccessiva onerosità scaturente dal binomio domanda/offerta, ossia viaggiatori/numero di corse (e mantenimento della rete) che, secondo le dichiarazioni rese dall’assessore regionale competente, costerebbero circa il 733% in più delle altre tratte (il biglietto per la tratta costa 1,20 euro contro i 10 necessari per la gestione).
Occorrerebbe, realisticamente, anche conoscere i valori assoluti delle cifre in campo (si prospettano in circa 2 milioni di euro l’anno) per decidere coscienziosamente se l’impegno possa considerarsi “socialmente” utile e di conseguenza addossarselo.
In genere però tali considerazioni vengono poste per tratte particolarmente disagiate o zone isolate che a fronte di una scarsità di popolazione si pongono di per sé come tratte improduttive ma non socialmente emarginabili. Ma non è questo il caso di Castellammare di Stabia che, se pur trovandosi in una condizione ferroviaria statale definibile come un “cul de sac”, non può dirsi certo isolata trasportisticamente disponendo della linea regionale Circumvesuviana, veloce e di certo dotata di più fermate, anche cittadine. Pensare che il collegamento della FS Castellammare – Torre Annunziata, con tutto quello che comporta in termini di numero di utenti e di inquinamento, vista la lunga sosta delle autovetture in coda ai passaggi a livello, nonché le gravi ripercussioni sul traffico cittadino, possa davvero essere considerato insostituibile, richiede una non facile acrobazia in termini di bilanciamento costi-benefici.
Ma davvero non è più utile investire e convogliare risorse nel potenziamento della Circumvesuviana? Peraltro interessata, da anni, dall’impegno di ingenti finanziamenti per la realizzazione del raddoppio della tratta. Perché non si attuano i progetti di riqualificazione delle esistenti stazioni cittadine della Circumvesuviana di Piazza Unità d’Italia, di Pioppaino, di Ponte Persica e di Terme? Perché non si realizza la nuova stazione in prossimità del viale Europa ed il sottopasso di via Nocera? Per non parlare dei parcheggi pubblici previsti, nei medesimi progetti, in adiacenza alle suddette stazioni? Tutti progetti già dotati delle necessarie approvazioni e dei relativi fondi. Per essi, quale fine è stato serbato? E perché, in questo caso, i sostenitori “Verdi”, quelli della stazione a “tutti i costi”, per intenderci, non dicono nulla? Come, invece, sta facendo, da tempo, sul tavolo regionale, questa Amministrazione comunale?
Lasciamo ad altri le opportune considerazioni ed affrontiamo il secondo e più suggestivo aspetto della storicità della Stazione della FS. È indiscutibile che il valore storico e culturale della stazione sia da tutelare e rivalorizzare. Ma bisogna pur ammettere che il vero “abbandono” consiste, proprio, nel mantenere una stazione a scarsissima utenza e, di conseguenza, gestione. Al contrario, alla sostenuta ipotesi di dismissione della tratta non corrisponderà l’abbandono della stazione. Tutt’altro!
La stazione è e resterà il segno di una connessione dinamica tra la città ed il suo territorio. Non vi è parte del mondo dove una riconversione di simili manufatti non abbia costituito un surplus culturale, sociale ed economico tanto in rilancio quanto in opportunità.
Un esempio per tutti: la gare d’Orsay a Parigi.
Una stazione costruita agli inizi del ‘900 per poi essere dismessa dopo neppure quarant’anni di attività, che ha vissuto diverse forme di utilizzo fino all’approdo a splendido museo con costitutiva prevalenza di opere della “stagione” impressionista francese.
Considerate le opportune differenze in termini di contesto urbano, ampiezza d’intervento, qualità dell’edificato ed investimenti coinvolti, non si può negare che la trasformazione non abbia minimamente nuociuto all’edificio in se che, evocando ancor oggi una stazione e le sensazioni che essa trasmette, ne recupera per intero valori economici, funzionali, sociali, culturali ed urbanistici.
L’idea di proporre la stazione della FS di Castellammare quale foyer (perfettamente ed integralmente restaurato con recupero e memoria della funzione del passato) di un Teatro Comunale (attesa la straordinaria tradizione drammaturgica stabiese con Raffaele Viviani, Annibale Ruccello…) con un mega parcheggio pubblico interrato, ormai divenuto indispensabile per Castellammare e che potrebbe determinare la istituzione di una definitiva ed estesa isola pedonale, è un’ipotesi affatto peregrina, strumentale o (peggio) speculativa.
Altresì, tenuto conto che la linea ferrata, o meglio l’ampio corridoio che essa impegna, potrebbe essere funzionale, una volta abbattuti i muri di cinta, alla determinazione, assieme al contiguo Corso De Gasperi, di un ampio asse viario con lunghi filari di alberature che accompagnino una doppia pista ciclabile ed una linea tramviaria(ecologica) in sede aperta e dotata di fermate intermedie sino a Torre Annunziata. Tali elementi di collegamento, oltre all’uso quotidiano,  potrebbero risultare anche un collegamento alternativo in occasione degli eventi organizzati all’interno della sala teatrale.
Inoltre disporre di una struttura teatrale, non intesa in senso tradizionale, ma dimensionata e predisposta per ospitare una molteplicità di attività, dalle attività congressuali, ai concerti musicali di ogni genere, alle rappresentazioni ed alle exibition, potrebbe costituire un attrattore urbano non riscontrabile in ambito regionale e con pochi riscontri anche su scala nazionale.
Da una rapida riflessione asettica della realtà socio-economica, della realtà territoriale, se ne ricava, con immediatezza, la sostenibilità di una tale destinazione, risultando con evidenza che gli “eventi” di intrattenimento (teatrali, musicali) e congressuali, sono ampiamente frequentati e richiesti.
Si conserverebbe così l’edificio storico della stazione e la piazza antistante diverrebbe anch’essa un foyer a cielo aperto (chiuso per l’occasione) ad un passo da un lungomare ristrutturato e rivitalizzato nelle sue peculiarità migliori.
Ed è per tali motivi che ogni trasformazione, quando diviene improcrastinabile e necessaria, va compiuta nel massimo rispetto delle volontà memoriali che lo hanno realizzato ed usato.
Ed è per tali motivi che, se si vuole che i nostri figli abitino le dimore che gli abbiamo costruito, ne dobbiamo consentire la modificazione per il miglior adattamento alle nuove esigenze, nel rispetto della nostra e della loro storia, pena l’abbandono completo ed impietoso nell’oblio di qualcosa che non avrà più senso, non ci si potrà permettere e soprattutto non racconterà più nulla perché sarà rimasto lì senza più nessuno con la possibilità o la necessità di dialogarci.

Arch. Francesco Di Somma
Assessore all’Urbanistica Comune di Castellammare di Stabia

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