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(Ph. Manzo) |
“Noto con dispiacere che, forse per una malintesa ricerca di una terminologia giornalisticamente ad effetto, alcune mie iniziative provvedimentali vengono passate come 'divieti di Bobbio'. La cosa potrebbe anche essere simpatica, se non fosse preoccupante per quello strisciante, ma ormai visibile tasso di disinformazione e di sostanziale incentivazione alla disobbedienza che comporta. Ci si aspetterebbe, da tutti, una maggiore conoscenza dei provvedimenti che spesso si criticano per partito preso, senza neanche averli letti, e una minore pregiudiziale contrarietà, se non una condivisione trasversale della finalità che le mie ordinanze tendono a perseguire. L’obiettivo a cui sto puntando e che, infatti, dovrebbe nella normalità essere condiviso da tutti (compresi i consiglieri comunali o ex consiglieri che, chissà perché, si ritengono parlamentari) è quello, forse ambizioso ma certamente sensato, di tentare un generalizzato recupero di legalità sul territorio andando in primo luogo ad incidere su prassi e comportamenti consolidati, tutti in palese violazione alle normative vigenti, ma che per anni sono stati vissuti e praticati in maniera generalizzata”.
Lo ha detto il sindaco di Castellammare di Stabia, Luigi Bobbio.
“D’altronde, se solo guardassimo al cosiddetto sit in di ieri (che poi era uno stand-in, visto che nessuno si è neanche accoccolato per terra, forse a causa del freddo) sono state con la massima disinvoltura violate alcune ormai neglette regole, tra le quali l’omessa comunicazione di manifestazione pubblica all’autorità di pubblica sicurezza. Giova precisare, inoltre, che intanto la gioiosa piccola comunità ha potuto stazionare all’interno dell’area delimitata dalle fioriere senza intervento alcuno, perché l’ordinanza non è stata ancora resa efficace, e questa precisazione peraltro non suoni come sfida a nessuno, ma solo come doverosa spiegazione del perché l’ordinanza, ieri, non è stata fatta rispettare. Ma, d’altronde, l’illegalità di ieri non può sorprendere nel momento in cui giunge da chi, in altre occasioni, ha criticato in maniera pregiudiziale e per puro spirito di contrapposizione analoghe iniziative da me adottate sempre per tentare di recuperare spazi di legalità: il regolamento di polizia urbana, che andava in maniera talmente vistosa a rimediare ad un diffuso e insopportabile clima di disordine cittadino, da costringere i suoi ben noti detrattori a rifugiarsi nella buffonata delle minigonne; le ordinanze natalizie sul divieto di musica per strada e su quello di portare le bottiglie fuori dai locali pubblici che hanno invece incontrato il favore di tutta la cittadinanza; l’ordinanza che ha così duramente colpito e represso il fenomeno dei parcheggiatori abusivi; l’ordinanza contro l’uso dannoso e molesto delle bombolette spray in queste feste di Carnevale”, ha continuato Bobbio.
“Ciò che, però, merita di essere nuovamente sottolineata è l’assurdità della contrarietà all’ultima ordinanza, perché chi la critica mostra di volere deliberatamente continuare a praticare stili di comportamento politico e sindacale che nulla hanno a che vedere con i diritti costituzionalmente garantiti (che nessuno, ovviamente, neanche si sogna di attingere). Non credo, infatti, che l’aver creato una fascia di rispetto tesa, unicamente, a garantire la salvaguardia delle condizioni di tranquillità e di ordine funzionali al buon andamento della macchina amministrativa comunale (trattandosi quindi di una previsione a raggio molto ampio e non certo centrata sulle manifestazioni) possa rappresentare di per sé un attacco né al diritto di manifestare né a quello di scioperare né alle libertà civili in genere. Qualunque autorità ha il diritto/dovere di regolamentare l’utilizzo degli spazi funzionali o pertinenziali alle sue attività istituzionali, essendo tutta la nostra Costituzione una complessa architettura di bilanciamento tra interessi di pari dignità che sono chiamati a coesistere”, ha sottolineato ancora Bobbio.
“Certo, chi oggi si scaglia contro il provvedimento sostenendo falsamente che si vorrebbero vietare manifestazioni, cortei, sit-in e stand-in in piazza Giovanni XXIII mente sapendo di mentire, perché tolta la risicata area pertinenziale la piazza è e resta – ovviamente – a disposizione di chiunque voglia protestare per qualsiasi ragione e purché la protesta avvenga senza violenze o danneggiamenti e con metodi civili. Quello che non si poteva più tollerare, specialmente in un clima di grande tensione ambientale come quello che stiamo vivendo, era che dipendenti, consiglieri comunali e assessori dovessero continuare a svolgere le loro attività nell’interesse della città dovendo accedere al Palazzo di Città attraverso le forche caudine di due ali di folla (anche giustamente arrabbiata) con una probabilità di contatto fisico non sempre benevolo e sempre più alta e con la certezza di un variegato e raramente delicato florilegio di epiteti e invettive scagliate in pieno viso o, certamente, non sussurrate nelle orecchie dei suddetti soggetti. Per me, almeno per me, la politica resta una cosa seria, e preferisco non soffermarmi sulle dichiarazioni di chi mostra di intendere la politica come una continua presa in giro e le manifestazioni, anche illegittime o peggio illegali, come una sorta di sfogatoio istituzionalizzato, buono solo – per loro – ad evitare guai peggiori, attraverso questa indiretta ma non meno umiliante forma di inganno. Solo pensare che è utile lasciar manifestare la gente come più le pare, perché questo è il modo migliore per lasciarli sfogare senza conseguenze diverse, significa mortificare la missione della politica, che non è quella di lasciare sfogare i cittadini in difficoltà, con quattro strilli, un paio di slogan e uno spintone, ma è quella – da un lato – di cercare di risolverne i problemi, in concreto, e – dall’altro – di avere il coraggio, quando sbagliano, di farglielo notare e di impedirgli di ripetere l’errore. La legalità non è una lacera bandierina da tirare fuori e sventolare quando ci fa comodo e scegliendo il momento a seconda delle nostre convenienze. La legalità è rispetto delle regole in generale, che passa anche attraverso l’affermazione del principio di autorità che è assunzione di responsabilità. Per la legalità vera e per il suo recupero non esistono i distinguo, non è proponibile la scelta. La legalità o si pratica o non si pratica. La legalità, il rispetto delle regole, tutte, o è o non è”, ha concluso Bobbio.