“Non ci
sto. E non ci posso stare come uomo di legge, come politico e come cittadino.
Sono stato componente della commissione d’indagine bicamerale nel 2001 sui
fatti di Genova. Si trattò di un accertamento lungo, faticoso, che inizio a
luglio e durò tutto agosto e si concluse con l’accertamento dei fatti
sostanzialmente diverso da quello cui sono giunti i vari percorsi giudiziari. Chi
seguì i lavori di quella commissione sa quale fu l’impegno che io, in
particolare, misi nell’accertare come si fossero realmente svolti i fatti,
tanto che rimasero famose le mie 40 domande di fila al prefetto De Gennaro. Il
mio sforzo, ovviamente, non era quello di caricare di responsabilità i vertici
della nostra polizia di Stato, bensì quello di far emergere la verità, ossia
che i vertici stessi si mossero con grande professionalità e nel rispetto delle
leggi e delle regole. Oggi, la Cassazione ci consegna un verdetto finale che
non è certamente figlio della Corte di legittimità ma è frutto delle valutazioni
dei giudici di merito”.
Lo ha detto Luigi Bobbio, sindaco
di Castellammare di Stabia ed ex senatore della Repubblica, componente della
commissione d’inchiesta sui fatti di Genova.
“Un verdetto inaccettabile, a
tratti moralista, certamente abbastanza lontano dal puro diritto e con troppe
strizzate d’occhio ai manifestanti di allora che, equamente divisi tra non
violenti e violenti, recano oggi come allora tutti, gli uni e gli altri, su di
sé le responsabilità per quanto accadde a Genova. La grande responsabilità dei
non-violenti fu infatti quella di non aver fatto nulla per denunciare e
distinguersi dai violenti fornendo agli stessi, addirittura, la copertura del
loro numero all’interno del quale nascondersi per poi partire per i raid
distruttivi – ha aggiunto Bobbio -. Oggi come ieri non ci sto acché una
giustizia, della quale sempre più cittadini hanno smesso di fidarsi, condanni
lo Stato e il popolo italiano in un momento di così grande difficoltà a
privarsi dell’apporto vitale di funzionari della polizia di Stato dalla
irreprensibilità, professionalità, inattaccabilità morale, personale e
professionale senza pari. A tutti loro la mia personale solidarietà e, in
particolare, a Franco Gratteri, che conosco e stimo dal 1985 quando io
giovanissimo sostituto, lui giovane funzionario della Mobile, ci conoscemmo sul
teatro di un fatto di sangue. La mia solidarietà alla polizia di Stato tutta e
per essa ad Antonio Manganelli, uno dei migliori capi della polizia che questo
Paese abbia mai conosciuto dal quale, in questa storia, mi divide un solo
passaggio: la nostra polizia di Stato – ha concluso Bobbio – la mia polizia di
Stato non deve chiedere scusa a nessuno. Mai”.
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