“E poi
parlano di sinergia istituzionale e di altre amenità del genere. La verità è
che, nel disinteresse di troppi, istituzioni comprese, certe iniziative di
difesa della legalità e di rifiuto della camorra ce le dobbiamo gestire in
solitudine. Non che la cosa mi preoccupi o mi spaventi, ma mi dà profondamente
fastidio leggere, seppure de relato,
dagli organi di informazione le psichedeliche motivazioni con le quali un
giudice di sorveglianza a Napoli ha deciso che la fondatissima richiesta della
polizia di Stato di rispedire Renato Battifreddo
in galera doveva essere rigettata. Io, il mestiere di magistrato l’ho fatto per
molti anni, da pubblico ministero, e ne ho lette di motivazioni fantasmagoriche
e rutilanti come quella di cui stiamo parlando. Così come ne ho visti di
imputati o inquisiti più o meno malati prendere in giro la giustizia o farsi
beffe della giustizia come purtroppo ancora una volta è accaduto. La verità è
una sola: che il lassismo dilaga e troppi magistrati a parole saltellano da un
convegno all’altro, o da un organo di informazione all’altro, per proclamare la
santa verità, «lotta alla camorra, lotta alla camorra, lotta alla camorra!»,
presentandosi come i più ferrigni avversari del crimine (cosa anche questa
sbagliata) e poi nei provvedimenti «sbracano» in maniera incomprensibile”.
Lo ha detto il sindaco di
Castellammare di Stabia, Luigi Bobbio.
“L’«ottimo» Battifreddo e il suo ineffabile genero convivente, anch’egli ai domiciliari,
pare, avrebbero avuto a disposizione, oltre alla parola, anche la mimica con la
quale cacciare fuori gli ospiti non ammessi dalla misura restrittiva; senza
considerare che sarebbe bastato non aprire la porta di casa per non farli
entrare. E il sempre «ottimo» Battifreddo - questo forse sarà sfuggito al
giudice di sorveglianza - è talmente malato da uscire tranquillamente sul
balcone di casa per ricevere l’omaggio dei portatori della statua. E se è vero
come è vero, come dice il magistrato, che il poverino non può affabulare, è altrettanto
vero che, così come la sua manina lanciava baci ai suoi adoratori, allo stesso
modo poteva utilizzare la stessa manina per intimare perentoriamente, restando
seduto, alla troupe televisiva di lasciare il suo carcere domiciliare. D’altronde,
se non ricordo male, come risulta dal filmato delle «Iene», fu il genero
convivente ad invitare a casa la troupe televisiva, e già questo costituiva
violazione degli obblighi”, ha aggiunto Bobbio.
“Spero che il presidente del
Tribunale di sorveglianza, dott. Esposito, decida di interessarsi della vicenda
ben conoscendone l’altissima professionalità e l’indiscusso rigore. Comunque,
di questa ennesima storia strana, certamente non ne subisco io le conseguenze
ma le subisce l’ormai «sgarrupata» immagine di una giustizia soggettivista e
dagli insondabili e imprevedibili percorsi motivazionali. E se mi occupo, ancora
una volta, di questa vicenda è soltanto perché ho portato per così tanti anni
con onore la toga sulle spalle per non risentirmi di ogni brutta figura che la
giustizia possa fare in casi come questi”, ha concluso Bobbio.
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